Quando si pensa allo smart working, la maggior parte delle persone ha probabilmente in mente il solo telelavoro, ma le cose non stanno proprio - o totalmente - così. Lo smart working è molto di più: regolamentato dalla legge italiana (legge n. 81/2017), è il modo di lavorare del futuro che coinvolgerà sempre più imprese e lavoratori nei prossimi anni e che si basa su tecnologie e software di UCC, sul cloud e sulla connettività mobile broadband, ma non solo. Riguarda anche il riassetto dell’organizzazione aziendale, la revisione degli spazi e dei tempi di lavoro e la creazione di spazi virtuali sicuri di collaboration. Insomma, si tratta di una grande trasformazione “culturale” e tecnologica insieme, che coinvolge l’intero organigramma aziendale dall’IT, al board management, alle risorse umane.
Uno studio recente di Microsoft* evidenzia che molte imprese italiane lamentano l’assenza di un’adeguata cultura tecnologica (50%), seguita dalla difficoltà di un vero cambiamento culturale (35%), necessari per attuare lo smart office e i processi di smart working. Certo, le tecnologie di collaborazione e comunicazione basate su cloud e connettività sono il driver fondamentale di questa evoluzione del business in ottica mobile e smart working, ma come la mettiamo con il cambiamento di mentalità, le vecchie logiche a silos, le diffidenze (legittime) sulla sicurezza e la tutela dei dati degli utenti che si interfacciano con i sistemi e i dati aziendali in mobilità? Non sono problemi da poco, evidenziati anche dai dati dell’Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano, che aiutano a mettere a fuoco la situazione delle PMI italiane. Quanto sono preparate le PMI ad affrontare gli scenari di smart working in maniera sistemica e integrata nell’organizzazione? Ebbene, secondo la survey degli Osservatori, nel 2019 il 12% di PMI ha strutturato lo smart working a sistema e un 18% in modo informale, ma purtroppo si registra anche una percentuale di imprese disinteressate al tema (dal 38% al 51%). Dati che si distaccano in maniera notevole dalle grandi imprese, dove lo smart working è più strutturato (58%).
Il tessuto imprenditoriale italiano è costituito per il 99% dalle PMI, che generano da sole il 69% del valore aggiunto. Con questi numeri, non è ragionevole pensare di continuare a guardare dal basso all’alto gli altri paesi d’Europa, dove lo smart working è realtà molto più consolidata e da più tempo. Il perché è presto detto: lo smart working è un processo inarrestabile e non si può più rimandare il cambiamento richiesto dalla mobility e dallo smart workplace, strettamente connessi con il concetto di lavoro agile, per restare davvero competitivi.
Cos'è la collaborazione e la comunicazione integrata
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Quello che più di ogni altra cosa occorre recepire da parte delle PMI italiane, è che lo smart working è una grande opportunità: ma non solo per i lavoratori, ma soprattutto per le aziende. Possiamo considerare come prima cosa gli aspetti vantaggiosi del lavoro agile osservandolo dalla parte dei dipendenti, e scoprire così il miglioramento del work-life balance e un maggiore engagement, l’aumento di responsabilizzazione rispetto agli obiettivi aziendali e personali, la maggiore flessibilità nell’organizzazione del proprio lavoro, la maggiore propensione all’utilizzo di tecnologie di smart working, meno tempo sprecato per gli spostamenti, e via dicendo. Ma è soprattutto osservando la questione dalla parte delle aziende che emergono gli aspetti più interessanti dello smart working: la capacità di trattenere le risorse migliori e di attrare nuovi talenti, l’aumento della produttività e della qualità del lavoro dei dipendenti a fronte di una maggiore responsabilizzazione e soddisfazione lavorativa, un processo virtuoso che porta a generare maggiore produttività, maggiori profitti e in ultima analisi, più valore per l’azienda.
Quindi, perché aspettare? PMI italiane, è il momento di agire, non si torna più indietro. La normativa c’è, le tecnologie abilitanti ci sono, le persone sono pronte, i vantaggi sono sotto gli occhi di tutti. Lo smart working aspetta solo di essere attuato globalmente, con coraggio imprenditoriale e cogliendo i vantaggi che l’innovazione dà alle aziende per essere finalmente più competitive.
*(indagine commissionata da Microsoft a KRC Research, 2019 che coinvolge per l’Italia oltre 500 impiegati e 110 manager, e 9.113 lavoratori in 15 Paesi europei)
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